“Fotografare è sempre un atto di presunzione e di ribellione” (Wim Wenders)
“Non suonare quello che c’è. Suona quello che non c’è” (Miles Davis)
Ho due passioni nella mia vita: Musica e Fotografia.
E il pensiero di Wim Wenders e Miles Davis le riassume perfettamente. Perché si incastrano l’un l’altra creando confusione. Una confusione organizzata, per così dire: perché la confusione organizzata è l’essenza sia della fotografia che della musica.
Mentre un testo scritto o un film propongono narrazioni consolidate e trasmesse ai fruitori dall’autore all’interno di binari già predisposti, di default, la fotografia e la musica, dopo l’atto creativo significante dell’autore, lasciano allo spettatore la libera interpretazione, laddove chiunque, a seconda delle proprie conoscenze e sensibilità, trae infinite sensazioni, sensi, stati d’animo, in perenne evoluzione.
Non fotografo solo la Musica. Ed è proprio l’”altra” fotografia che più mi attrae in quanto manifestazione estrema di duplicità, di non catalogazione, di non interpretazione univoca. Una foto non è mai quello che mostra, bensì quello che ognun* ci voglia vedere.
Ovunque venga esposta, racconta a chi la guarda, Una storia, non La storia. È in questo che la fotografia racchiude la propria forza.
Prendiamo per esempio le foto molto attuali dei gilets jaunes francesi: chiunque, dinnanzi ai volti e alle azioni dei manifestanti, interpreta ciò che la propria cultura, la propria conoscenza, il proprio coinvolgimento vede: dall’aspetto minaccioso alla combattività.
La fotografia quindi segna un limite. Un limite temporale, quando immortaliamo perennemente un istante; un limite fisico, inteso come chiusura, costrizione, impedimento, oppure come legittima aspirazione alla libertà, abbattendo le frontiere, valicandole. Ed è propria su quelle dualità che la fotografia ci spinge: sui limiti, sui muri, sui borders, sui confini. Perché è lì dove c’è scambio di cose, idee, persone, che c’è vitalità, innovazione, ricerca, vita. È dal mescolamento delle cose, dall’incognito, dall’eterno dubbio, dalla mancanza di certezze che nascono le idee nuove. I nuovi mondi e i nuovi modi di intendere l’esistenza. Chi si chiude, chi non si immedesima nell’Altro, chi vive di certezze, non ha scampo. E la fotografia, pur rappresentando la realtà, non parla mai di certezza.
Pino Di Cillo
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